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Stemma episcopale di Mons. Biagio Colaianni

Lo stemma araldico di S.E. Mons. Biagio Colaianni, eletto alla sede metropolitana di Campobasso-Bojano rappresenta, secondo la simbologia odierna, le origini del titolare e la sua missione; la sua storia, la formazione e il programma del suo ministero di pastore nella e per la Chiesa nella quale è stato inviato come Angelo (cf. Ap. 2-3), Sposo e Pastore.

 

Tutto ciò è espresso attraverso la riflessione cristologico-mariana così come leggiamo nella lettera ai Ga- lati 4,4-5 «[…] quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli». L’incarnazione è come momento unitivo del cielo con la terra, del ritorno dell’amicizia tra Dio e l’uomo, del Dio che non vuole abitare i cieli o in una casa costruita da mani d’uomo (cf. 2Cor 5, 1) ma nel cuore dell’uomo così come sottolinea san Leone Magno: «Riconosci, cristiano, la tua dignità […] Ricordati chi è il tuo Capo e di quale Corpo sei membro. Ricordati che […] con il sacramento del battesimo sei diventato tempio dello Spirito Santo!» (Dai Discorsi di san Leone Magno, papa; Disc. 1 per il Natale, 1-3; Pl 54, 190-193). Con il Fiat di Maria il Verbo si è fatto carne e l’uomo è nuovamente introdotto nella amicizia con Dio.

Lo scudo scelto è quello sannitico, in riferimento al popolo dei Sanniti che abita la parte centrale della penisola italica. Da essi prende il nome la storica regione del Sannio che corrisponde alle attuali regioni di Abruzzo, Molise, Campania e ad aree del Lazio, Puglia e Basilicata. Regione quest’ultima che ha dato i natali al vescovo che è stato designato per Campobasso-Bojano una delle chiese molisane.

Lo scudo è interzato in pergola, nel primo d’azzurro caricato di tre stelle di argento; nel secondo di rosso caricato di un pettine da cardatore (strumento del martirio di San Biagio) e di una conchiglia d’oro (at- tributo iconografico per il Battista e del pellegrino per l’apostolo Giacomo); nel terzo di verde caricato di tre spighe d’oro e di una torre d’oro.

Il colore azzurro rappresenta il cielo e il creato; le tre stelle la perpetua verginità di Maria, secondo quanto stabilito nel Sinodo di Capua del 392 e la devozione popolare alla Madonna della Bruna, della Libera e alla Madonna di Lourdes.

Il rosso indica il mistero dell’amore di Dio testimoniato con la vita dei Martiri, Giovanni Battista, Gia- como, Biagio. I primi due titolari delle parrocchie affidate alla cura pastorale dell’antistite; Biagio è il santo di cui porta il nome.

Il verde rappresenta i “campi ubertosi” della Basilicata e del Molise, richiamati dalle spighe di grano che sono elementi propri dello stemma di Matera, del suo Patrono (Sant’Eustachio nella etimologia greca di “colui che produce buone spighe”), della designazione della Città dei Sassi come “Città del pane” in virtù del XXVII Congresso Eucaristico Nazionale ivi celebrato. La torre è elemento caratterizzante lo stemma araldico della città di Campobasso.

I colori rosso e blu che si “abbracciano” indicano quanto con l’incarnazione è avvenuto: «Il Verbo si è fatto carne perché diventassimo “partecipi della natura divina” (2 Pt 1,4): […] ”Infatti il Figlio di Dio si è fatto uomo per farci Dio”. […] L’unigenito […] Figlio di Dio, volendo che noi fossimo partecipi della sua divinità, assunse la nostra natura, affinché, fatto uomo, facesse gli uomini dei». (CCC n. 460).

Gli ornamenti esteriori sono quelli propri della dignità arcivescovile:

  • la croce arcivescovile gemmata: le gemme simbolo e segno dell’albero fiorito e quindi della Il Vescovo è chiamato ad annunciare l’evento della redenzione quale via che conduce a Gesù il Cristo;
  • il pallio insegna della dignità metropolitana, quale simbolo del legame speciale con il Papa e della potestà che, in comunione con la Chiesa di Roma, l’Arcivescovo Metropolita acquista nella propria giurisdizione;
  • il cartiglio, riporta una citazione paolina: «gratia Dei in me vacua non fuit» (cf. 1Cor 15, 10), ad indicare la centralità dell’opera di Dio nel mistero episcopale, la cui efficacia non si fonda sulle forze e doti umane della persona, ma nella potenza.

Fonte: Arcidiocesi di Matera-Irsina

 

 

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